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Un’interessante legatura. Due inni in omaggio al canonico Giuseppe Allamano.

Prosegue, presso la biblioteca del Santuario, il progetto di descrizione e catalogazione delle fonti musicali avviato, negli scorsi anni, grazie al sostegno di contributi regionali. All’interno della biblioteca moderna, al primo piano del convitto, si conservano due interessanti raccolte di musica. La prima – così definita sia per rilevanza storica che per quantità di documenti – è rappresentata dal Fondo dell’Organo del Santuario ed è costituita un’ampia selezione di musiche manoscritte e a stampa di carattere sacro, riordinate ed inserite nell’Indice del Sistema delle Biblioteche d’Italia (SBN). La seconda raccolta, che consta comunque di oltre 500 pezzi per lo più rappresentati da stampe musicali, proviene dal lascito personale di don Piero Giacobbo (1915-2002) che fu cappellano al Santuario ed, in tarda età, ospite del convitto. Le stampe musicali, la maggioranza delle quali riporta il timbro di possesso del sacerdote, appartengono alla raccolta personale di don Giacobbo mentre una più esigua sezione di musiche manoscritte, presenti in forma di parti vocali e di partiture per coro, proviene da una corale ACLI che fu attiva a Torino tra gli anni ‘50 e ‘70 del secolo scorso. Le musiche, frutto della produzione musicale della corale, sono confluite nel patrimonio personale di don Giacobbo, per motivi in corso d’indagine. Di fatto Giacobbo non aveva una formazione musicale ma sicuramente era un appassionato di musica: lo dimostra la quantità di stampe di spartiti di canzonette, di brani tratti da colonne sonore e di canzoni leggere in suo possesso, raccolte per lo più tra gli anni ‘30 e gli anni ‘50. Di questa seconda raccolta è tutt’ora in corso la catalogazione del materiale e, solo a conclusione del lavoro, sarà possibile tracciarne una presentazione più approfondita.

Tornando all’interessante Fondo dell’Organo del Santuario, proprio in questi mesi si sta concludendo la ricollocazione delle partiture manoscritte. Le carte, accorpate in unità distinte di partiture e parti vocali ed organizzate in ordine alfabetico per autore, sono state raccolte in appositi faldoni specifici per la conservazione del materiale cartaceo, all’interno di camicie protettive composte da cellulosa acid-free. Il materiale, dopo essere stato inventariato e descritto, è stato disposto negli armadi presenti nella stanza dell’archivio interno alla biblioteca del convitto. Il Fondo è costituito da circa mille numeri di inventario che raccolgono canti, inni, salmi, antifone, litanie, messe e parti di messe scritte appositamente per la cappella musicale del Santuario (costituita da un organista e da alcuni cantori) in un periodo in cui, tra il 1848 ed il 1898, l’attività musicale della Consolata pativa di quel susseguirsi di officianti che si alternarono nella gestione del Santuario. Infatti nell’archivio vi sono sia tracce del materiale prodotto da compositori e copisti referenti all’ordine degli oblati di Maria, sia composizioni create da o dedicate a frati francescani prima e da sacerdoti regolari poi.

La maggior parte delle musiche risulta scritta appositamente per la cantoria del Santuario e quindi pensata già in partenza per essere eseguita da uno strumento (l’organo) e da tre o quattro voci maschili mentre alcune delle composizioni (soprattutto quelle degli autori più noti a livello nazionale, come Pietro Magri, Lorenzo Perosi o Luigi Felice Rossi) sono qui presenti in forma di trascrizioni, composte originariamente per altri organici (ad esempio cori misti ed orchestra) e successivamente copiate ed adattate per ciò che era disponibile in quel momento al Santuario. A scegliere le musiche da eseguire nelle funzioni e nelle feste erano gli organisti titolari del Santuario mentre ad occuparsi della loro trasposizione e copia agiva un copista stipendiato che, a seconda del numero di voci a sua disposizione (poteva disporre unicamente di sole voci maschili), trascriveva le parti in altrettanti fascicoli da prestare ad ogni cantore. Le musiche erano poi accompagnate dall’organo, spesso sostenute da un coro e, più raramente, rinforzate da strumenti orchestrali.

Dunque il fondo si presenta con una chiara uniformità nei materiali e nella tipologia delle carte e delle legature nonostante le partiture siano state prodotte dalle mani di diversi copisti (almeno quattro nel periodo compreso tra il 1840 ed il 1900: Gioachino Collino; Prospero Succio; Giuseppe Reano e, saltuariamente, Luigi Radaelli). Tale fatto è altresì testimoniato dalla presenza di diversi ordini di segnature apposte sulle carte mentre le coperte esterne e le etichette presentano caratteristiche e stili comuni tra loro. Ad esempio i piatti delle legature (in cartone) sono rivestiti con le medesime tipologie di sovraccoperte cartacee con motivi colorati e marmorizzati, mentre sia la carta da musica utilizzata e sia le rilegature, sembrano provenire da un’unica bottega. Si evince una volontà conservativa che perdura per tutta la seconda metà dell’Ottocento.

All’interno di questa omogenea raccolta spicca quindi la presenza di una pregevole legatura rivestita in raso di tela rossa che riporta, sul piatto anteriore come sul dorso, il titolo e la dedica in caratteri dorati, ed è impreziosita dal taglio, in oro, delle carte.

È questa la bella copia di un omaggio musicale realizzato nel 1889 da Giuseppe Galimberti che fu organista titolare del Santuario (almeno dal 1883 al 1894) ed offerto dall’autore a Giuseppe Allamano che, da quasi un decennio, era stato nominato Rettore del Santuario e dell’annesso convitto.

Di Giuseppe Galimberti si hanno, relativamente alla sua nascita ed alla sua formazione, scarse note biografiche. Non si conosce il luogo di nascita mentre la data è da collocarsi tra il 1850 ed il 1851. Le prime notizie circa la sua attività si hanno tra il 1875 e il 1880, periodo in cui fu attivo a Chiasso come organista e maestro di banda per poi passare a Mortara ed a Riva del Garda sempre in qualità di organista. Dopodiché risulta a Torino almeno dal 1883, sia come organista di chiara fama e valore, sia come direttore di stagioni liriche e sinfoniche. Di lui si ricorda che il 18 luglio 1884 diede un concerto, all’Esposizione generale italiana di Torino, su due organi di colossali proporzioni: uno realizzato da Carlo Vittino e l’altro costruito da Giacomo Vegezzi-Bossi (quest’ultimo strumento vantava 100 registri reali, 3 tastiere e 4000 canne e fu apprezzato per la capacità di imitare la voce umana e gli effetti delle voci in lontananza). Nel corso della sua carriera Galimberti scrisse e pubblicò centinaia di composizioni (sono circa seicento i suoi numeri d’opera) sia di genere sacro che di soggetto profano. Tra quest’ultime si ricordano l’operetta Le donne avvocato (Torino, teatro Balbo, 14 aprile 1897) ed il ciclo Le danze figurate, raccolta di ballabili eseguite con successo e più volte ristampate, a partire dal 1896, a Torino (dall’editore Perosino), a Milano (da Ricordi) ed a Lipsia (da Carisch) oltre ad essere incise (dalla ditta F.I.R.S.T.) su rullo sonoro perforato per autopiano.

Il manoscritto di Galimberti (segnatura MUS MS 364) risulta essere uno dei pochi autografi del Fondo dell’Organo. Al suo interno sono vergate due composizioni vocali scritte per i cantori del Santuario: il Tantum Ergo per basso e coro, op. 206 ed il Te Deum Laudamus a tre voci ed organo op. 207. Oltre ad avere questa bella coperta in raso, la partitura è vergata su carta da musica lucida, prodotta dalla stamperia musicale Litolff. Nessun altro manoscritto appartenente al fondo utilizza questa carta di qualità e ciò indica che il documento venne creato non tanto per essere aperto e posto sull’organo allo scopo di poterne eseguire le musiche, ma piuttosto per rappresentare un bell’oggetto da regalare, mostrare e conservare, con il fine di impreziosire una biblioteca privata. 

All’interno del manoscritto, sul recto della carta di guardia è presente la seguente dedica:

I due inni copiati nel manoscritto sono comunque presenti nel Fondo dell’Organo in due separate partiture prodotte ad uso del maestro di cappella e realizzate nel 1890 dall’allora copista Gioachino Collino (segnature MS 184 e MS 186).

Negli anni, all’interno della raccolta, che comprende circa 460 manoscritti ed altrettante stampe musicali, sono confluite circa una trentina tra le composizioni sacre del Galimberti, tutte destinate per un organico di voci e strumento a tastiera, copiate e trasposte per essere eseguite nelle feste e nelle funzioni presso il Santuario.

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